Il gatto che miagolò all’inferno di Franco Maglio. L’oscurità della normalità

Ci sono storie all’apparenza tranquille che presto, però, rivelano un lato nascosto e macabro: così possiamo introdurre la prima uscita dell’anno targata O.D.E edizioni, Il gatto che miagolò all’inferno.

«Ettore avrebbe voluto indietreggiare e tornare alla botola, ma la paura e la curiosità lo avevano incatenato a osservare la strana creatura di spalle. Cos’era? E soprattutto, come c’era finito lì?».

Il gatto che miagolò all’inferno di Franco Maglio. Paura e interesse crescente
Ettore Giannelli, un giovane insegnante precario, giunge speranzoso sull’isola di Uberia, in Toscana, in quanto ha ottenuto un incarico presso la scuola dell’isola.
Il ragazzo sembra contento di abitare e lavorare sull’isola, specialmente quando conosce la preside della sua scuola, una donna che affascina molto Ettore.
Tutto sembra scorrere tranquillo sull’isola, almeno fino a quando strane morti sconvolgono la piccola comunità di Uberia. Inoltre uno strano gatto, una luce blu e tremendi incubi destabilizzeranno l’esistenza di Ettore.
L’autore ha scritto un interessante romanzo in cui si mescolano abilmente i generi thriller ed horror; l’apparente calma che si respira nel romanzo mette subito in allarme il lettore in quanto, prima o poi, si aspetta il compiersi di qualcosa di macabro. La suspense cresce di capitolo in capitolo perché diventa fondamentale scoprire i misteri che si celano presso la “tranquilla” isola di Uberia.

L’isola materna
È interessante anche la descrizione del legame fra i cittadini e l’isola in cui abitano, un rapporto di amore viscerale che può ritrovarsi in qualsiasi luogo ma che diventa ancora più forte quando si abita presso un’isola. Forse perché un’isola, in quanto circondata solo dalle onde del mare, distacca si dal resto del mondo ma allo stesso tempo protegge i suoi abitanti dolce e determinata, un po’ come una madre.
E per quanto si possa litigare con una madre si sa che si può sempre ritornare da lei per avere conforto.
Quanti rimangono delusi dopo essersi trasferiti in altri luoghi pensando di non essere felici e realizzati dove sono nati e cresciuti?

«Noi isolani abbiamo un rapporto particolare con la nostra terra. Chi nasce sulla terraferma non può capire. Si crea un legame indissolubile, eterno, che ti rimane dentro e non se ne va».

Pronti a immergervi nella lettura de Il gatto che miagolò all’inferno? Un romanzo in cui niente è scontato e tranquillo come sembra.
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