Fiore di roccia di Ilaria Tuti. Un omaggio alle portatrici di speranza

Un libro intenso dal linguaggio semplice e poetico racconta la storia delle portatrici carniche, donne coraggiose capaci di affrontare le violenze della Grande Guerra pur di rifornire la prima linea del fronte della Carnia.
“Fiore di roccia” è un omaggio a queste eroine dimenticate dai libri di storia.

«[…] lo spago trattiene un fiore nel suo laccio e non un fiore qualsiasi. Il capitano Colman mi si avvicina. “Avremmo voluto regalarvi delle rose, come si conviene, ma capirete che non è stato possibile.”[…] Mi sento sorridere. “Non conosco le rose. C’è invece un’espressione più felice che racconta la tenacia di questa stella alpina: noi la chiamiamo fiore di roccia.”».

Fiore di roccia di Ilaria Tuti. Una delicata e poetica celebrazione femminile

La storia del romanzo viene narrata dalla protagonista, la portatrice Agata Primus: abitante della piccola cittadina friulana di Timau, Agata e le sue amiche ogni giorno riempiono i loro cesti, le gerle tipiche dei paesi montani, di viveri, lettere e munizioni per approvvigionare i soldati al fronte sfidando tutti i pericoli possibili.
Pur trattandosi di personaggi fittizi, nella personalità di Lucia è possibile riconoscere Maria Plozner Mentil, una portatrice ferita a morte da un cecchino nel 1916 ed insignita, nel 1997, della Medaglia d’oro al Valor Militare dall’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Un grande riconoscimento che purtroppo costituisce un caso singolare: quante altre donne sono morte come Maria e meriterebbero di essere ricordate?
Ilaria Tuti, dunque, si pone l’obiettivo di restituire dignità e giustizia a queste donne straordinarie in maniera quasi idilliaca; nulla è superfluo nel suo racconto, i capitoli contengono una scrittura incisiva e fluida e, pur trattando una storia difficile e spietata, l’autrice sceglie un linguaggio semplice ma aulico allo stesso tempo in cui trovano spazio pure alcuni versi tratti dalla Divina Commedia.
Ci sono diverse personificazioni sparse lungo le pagine del romanzo dense di significato:

«la natura pulsa di vita, continua a germogliare e a gravidare grembi, mentre l’uomo soccombe a suo fratello».

Una breve frase capace di riassumere l’eterno conflitto tra la natura e l’uomo: la prima opera sempre per il bene dell’essere umano, il secondo, mosso da ambizione e avidità, tenta di distruggere i suoi simili.
Da apprezzare, infine, lo stile delicato utilizzato per raccontare i momenti più crudi del romanzo.

Un timido passo verso l’emancipazione

Il romanzo di Ilaria Tuti ha il merito di celebrare le portatrici seppur in un contesto complesso ma, del resto, proprio la Grande Guerra ha permesso di accelerare il cammino verso l’emancipazione femminile; poiché la maggior parte degli uomini era impegnata a combattere i loro mestieri finirono per essere svolti dalle donne, anche i più pesanti.
Il gentil sesso ebbe l’occasione di mostrare la sua forza al mondo intero ribaltando i comuni stereotipi soliti relegare le donne all’interno delle mura domestiche; ciò, infine, permise a loro stesse di comprendere il proprio valore: non erano più creature fragili e inferiori all’uomo ma pari a loro in tutto.

Il vero volto della guerra

Sempre in maniera riguardosa l’autrice ci restituisce uno spaccato della condizione dei soldati al fronte; tanti argomenti di solito trattati in maniera pomposa, e quasi noiosa, sui testi di storia, nel romanzo vengono presentati nella loro semplicità veritiera. Proprio questo induce maggiormente il lettore a riflettere su quello che è stato uno dei più grandi scempi della storia: mentre vignette e cartoline esaltavano l’eroicità della vita al fronte, i soldati vivevano in condizioni quasi disumane.
A volte privi persino di scarpe, pativano freddo, fame e sete, molti di loro per sopravvivere erano costretti a dissetarsi bevendo le loro urine, i bei fisici scolpiti in breve tempo divennero smunti e i loro nervi messi a dura prova, in tanti finirono per perdere il senno.
La Grande guerra non fu un conflitto eroico dai connotati fiabeschi come quelli narrati nei poemi antichi, ma una guerra logorante consumatasi in una sporca trincea.

«Quelli davanti a noi sono uomini che ci scrutano senza più nulla di militaresco, sembrano solo disperati, sono solo sopravvissuti».

Solo le lettere di amici e parenti restituivano speranza ai soldati. Quando le gerle delle portatrici traboccavano di buste sembrava di assistere ad una solennità perché, per i combattenti, quei fogli costituivano il loro unico legame con la vita; ciò spinse persino molti analfabeti ad impegnarsi per imparare a leggere e scrivere: ogni lettera era un mezzo per affermare la propria esistenza.

L’amore, la speranza, il futuro

Nel romanzo, per Agata Primus, c’è spazio anche per l’amore; leggendo è possibile riconoscere due diversi sentimenti ugualmente intensi: il primo è tacito, non dichiarato e celato dietro amicizia e rispetto, il secondo è più evidente, cresce pian piano alimentato dall’amore per la cultura, altro elemento interessante del romanzo; in teoria sarebbe un sentimento sbagliato, forse persino impossibile ma l’amore, a differenza della guerra, ci insegna che non esistono barriere di alcun tipo.
“Fiore di roccia” è un romanzo che vi trasporterà tra le sue pagine conquistandovi, una bellissima vicenda letteraria che celebra le donne e la grande storia.
Non è solo un racconto di guerra e sofferenza perché come la stella alpina, il fiore di roccia, la vita può superare le intemperie per regalarci amore, speranza e futuro.

«Quando tutto attorno a me era morte, io ho scelto la speranza».