Jane Eyre di Charlotte Bronte. Mite e forte creatura

Jane Eyre è un classico per eccellenza da leggere almeno una volta nella vita perché la docile determinatezza di Jane vi conquisterà: con educazione e rispetto non si arrende di fronte le ingiustizie e non si sottomette al volere altrui.

Jane Eyre di Charlotte Bronte. Più generi fusi tra di loro

Senza dubbio la vicenda di Jane è quella tipica di un romanzo di formazione, infatti l’autrice ci presenta una Jane bambina che cresce e, una volta adulta, si realizza dal punto di vista professionale e si innamora; allo stesso tempo diversi critici che si sono occupati del romanzo di formazione intravedono in “Jane Eyre” un impianto fiabesco: alcuni esempi sono l’infanzia segnata dalle angherie subite ad opera della zia, la signora Reed, e dei cugini e la fuga da Thornfield, una volta saputo che il suo amato Rochester è in realtà un uomo sposato.
Se Jane fosse rimasta in casa del signor Rochester probabilmente sarebbe divenuta la sua amate e ciò avrebbe macchiato la sua purezza di orfana indifesa, pertanto Jane sceglie di ricominciare altrove la sua vita superando prove difficili in grado di mettere a repentaglio persino la sua salute fisica.
In sostanza è questo che succede a tanti personaggi delle fiabe: partire, superare tanti ostacoli per poi ottenere la ricompensa finale. Tale ipotesi narrativa è abbastanza credibile perché i romanzi di formazione inglese si sono sempre distinti da quelli scritti in altri paesi, soprattutto da quelli nati in Francia: gli eroi inglesi sono candidi e puri, sopraffatti dalle avversità, difficilmente commettono errori e dal punto di vista sentimentale non c’è nulla di spinto come invece era frequente nei romanzi francesi. In tal senso possiamo citare come esempio anche un altro personaggio inglese, “David Copperfield” di Dickens.
In “Jane Eyre” sono considerati fiabeschi elementi quali sogni premonitori, messaggi dall’aldilà e soprattutto le voci notturne in grado di superare i confini dello spazio ma in questo caso ci inoltriamo anche in un altro genere, quello del romanzo gotico tanto caro alle sorelle Bronte.

«[…] Mi giudicherai superstizioso, un po’ di superstizione ce l’ho nel sangue. […] Appena ebbi gridato: “Jane, Jane”! una voce, non so da che parte giungesse, ma che riconobbi, mi rispose: “Vengo, aspettami” e dopo un istante il vento mi portò come un sussurro le parole: “Dove sei?”.»

Ci sono tanti momenti gotici molto inquietanti e affascinanti nel mondo di “Jane Eyre” e dietro questo universo si nasconde anche un altro personaggio fondamentale per la storia.

Jane tra solitudine e freddi personaggi

Già il titolo ci suggerisce che la protagonista dominante del libro è Jane, in effetti gli altri personaggi, soprattutto quelli femminili, sono meno indagati dal punto di vista psicologico, potremmo dire lo stesso per i personaggi maschili con l’ eccezione di Rochester e St. Jonh.
A mio parere, però, i due personaggi maschili più importanti risultano entrambi antipatici al lettore, per ragioni diverse. St. Jonh è troppo rigido e non esterna mai i suoi reali sentimenti, di fondo è una persona buona e caritatevole ma non riesce ad esprimere una vera parola di conforto verso il prossimo attenendosi sempre a regole obsolete.
Rochester è l’opposto: un libertino manipolatore di cui non si riescono a comprendere i reali pensieri e sentimenti; è spesso cinico, soprattutto nei confronti della piccola Adele, ma lo è abbastanza con la stessa Jane. Il suo modo di amare è alquanto discutibile, credo dimostri di tenere a Jane soltanto nella parte finale, tuttavia allo stesso modo ritengo sia proprio questa l’arma vincente della storia, un protagonista antipatico ma proprio per questo in grado di colpire di più il lettore, ad ogni modo la sua estrosità non gli impedisce di criticare il mondo tutto apparenze a cui appartiene.
Si insiste molto anche sull’aspetto fisico di Rochester e della stessa Jane: nessuno dei due viene ritenuto affascinante, anzi la povera Jane fin da piccola si sente dire da tutti di non essere una grande bellezza ma questo la rende più affascinate agli occhi del lettore, Jane è realistica e in tanti possono identificarsi in lei. E se non è bellissima può benissimo sopperire a questa mancanza con la cultura e con la determinatezza, doti molto più importanti e durature.
Jane inoltre ha l’apparenza di una creatura debole ma in realtà, con gentilezza ed educazione, non si lascia sopraffare dagli altri e sceglie di vivere la vita che desidera.

Un altro aspetto che mi ha colpito è il desiderio di Jane di non essere più sola nella vita: la sua infanzia è segnata da tanta solitudine, per questo sogna di poter essere felice circondata da persone che le vogliono bene, gli affetti sono importanti perché arricchiscono davvero l’essere umano, in tal senso ho apprezzato subito il legame che si instaura tra Jane e la piccola Adele.

«[…] mi ritiravo dal sommo delle scale per tornare per tornare nella camera solitaria e silenziosa. […] a dir la verità non avevo il minimo desiderio di andare in società, perché raramente vi ero notata».

A completare la bellezza del romanzo ci sono le descrizioni, molto accurate in grado persino di indagare lo stato d’animo dei personaggi.
Insomma se non avete ancora letto “Jane Eyre” vi consiglio di farlo subito, ammetto di essere di parte perché questo è uno dei miei romanzi preferiti ma sono certa piacerà anche a voi, in Jane ci siamo un po’ tutte noi.

«Non sono un uccello e non c’è rete che possa intrappolarmi, sono una creatura umana libera con una libera volontà».