L’abbazia di Northanger di Jane Austen. Parodia e critica della società

Pubblicato postumo nel 1818, “L’abbazia di Northanger” è uno dei romanzi meno noti di Jane Austen ma non per questo è poco interessante; simpatico e scorrevole il testo è una parodia del romanzo gotico nonché di quello sentimentale.

L’abbazia di Northanger di Jane Austen. Misteri reali o cartacei?

Protagonista della storia è la giovane Catherine Morland; la sua famiglia è benestante, pur non essendo molto ricca, vive in campagna trascorrendo una vita tranquilla ma monotona, pertanto la fanciulla è felice di soggiornare per qualche tempo a Bath, località termale della campagna inglese, ospite presso la famiglia Allen.
A Bath non solo la giovane Morland debutta in società ma conosce diverse persone tra cui Isabella Thorpe, che si rivelerà frivola e falsa, ed Henry Tilney, giovane di cui Catherine si innamora nonché proprietario della misteriosa abbazia di Northanger.
Il mistero, quindi, aleggia in molte pagine del romanzo: Catherine è un’avida lettrice di romanzi gotici, in particolare adora quelli di Ann Radcliffe, considerata una pioniera tanto del romanzo gotico quanto della letteratura dell’orrore, infatti vengono citate dalla Austen diverse opere della Radcliffe tra cui il più celebre “I misteri di Udolpho”.
Catherine si lascia impressionare con facilità dalle sue letture, proprio come oggi può succedere ad una ragazza amante dei film horror, ciò porta Catherine a sognare di visitare castelli in rovina e ad immaginare torbidi segreti di cui sono custodi i suoi conoscenti confondendo realtà ed immaginazione.

«Probabilmente la prima notte non avverrà nient’altro di preoccupante […] Ma la seconda, o al massimo la terza notte dopo il vostro arrivo ci sarà una violenta tempesta […] vi sembrerà di distinguere (poiché la vostra lampada non si è spenta) una parte degli arazzi che si agita con maggiore violenza del resto. Incapace naturalmente di reprimere la vostra curiosità in un momento così favorevole per indulgervi, vi alzerete immediatamente e gettandovi sulle spalle una vestaglia, procederete ad esaminare questo mistero».

Si comprende subito l’intento ironico dell’autrice, non a caso lo scopo è quello di parodiare il romanzo gotico, ciò rende divertente la lettura anche perché, a parte le paurose suggestioni di Catherine, non sono presenti elementi davvero cupi in grado di terrorizzare il lettore.

Sentimenti e convenienza

Stesso discorso sarcastico vale per i sentimenti: sembra di leggere di amori profondi ed eterni ma l’eternità è pronta a ridursi se manca il denaro, parliamo pur sempre di un romanzo scritto all’inizio dell’ottocento (nel 1803 per l’esattezza), di conseguenza ciò non deve stupire più di tanto, a quei tempi i sentimenti erano amministrati quasi sempre dalla convenienza economica e sociale.

«Oh! Mia dolce Catherine, forse per il tuo cuore generoso non sarà importante ma non dobbiamo aspettarci che gli altri siano così disinteressati[…] Se potessi disporre di milioni, se fossi la padrona del mondo, tuo fratello sarebbe sempre l’unico che sceglierei».

Potremmo considerare Catherine una fanciulla ingenua immersa in continue fantasticherie, tuttavia è in grado di scorgere ugualmente l’ipocrisia e la falsità del mondo che la circonda, a tal proposito è interessante pure il modo in cui Jane Austen ironizza sulla buona società del tempo.
Uomini e donne impegnati tutti i giorni in balli e passeggiate prive di un vero scopo, attività oziose e futili il cui solo fine è quello di sfoggiare i vestiti più raffinati e gli accessori più ricercati.

Catherine riuscirà a superare le sue paure una volta varcata l’abbazia di Northanger? E ci sarà un futuro con il ricco Henry Tilney?
Non vi resta che leggere subito l’ultimo scritto lasciatoci da Jane Austen.